Non è un paese per giovani

La Gerontocrazia in Italia.

Ho iniziato a leggere un libro sulle 400 persone che in Italia rappresentano il potere, in particolare quello economico. Bene, in questa comunità “chiusa”, oltre il 50% è nato prima del 1940… . Si 1940. In altri termini hanno oltre 70 anni…

È vero che ciò accade anche in altre nazioni, seppur con percentuali minori, e che queste elite tendono a auto perpetuarsi e a proteggersi ma ciò che caratterizza i “gerontocrati” italiani è la loro ritrosia a produrre/proporre novità; da noi sono i garanti della persistenza degli aggregati, ovvero i difensori della stabilità.

Peccato che, da troppo tempo ormai, la torta sia sempre più piccola e, di conseguenza, le fette più misere.

Non si fa fortuna continuando esclusivamente a tagliare i costi e bloccando gli investimenti, specialmente quelli finalizzati a far crescere le persone e a innovare. Certo, in questa elite c’è il gotha della classe dirigente, economica e politica anche se quest’ultima sembrerebbe svecchiarsi significativamente.

Purtroppo anche molti manager fanno parte di questo sistema.

Forse, chiamarli manager è improprio; molti di essi provengono da altri settori quali le Università, la politica o, peggio, sono commis dello stato e questa pessima abitudine di scegliere non per competenze e background professionale ma per “relazioni” avviene, in particolare, per le nomine delle aziende municipalizzate, enti controllati dallo stato e, purtroppo, anche in talune importanti aziende private.

D’altronde non dobbiamo stupirci. Uno dei più famosi banchieri italiani, Giovanni Bazoli, meravigliò non poco gli inglesi quando, in una intervista al Finalcial Times, difese con orgoglio il nostro “capitalismo relazionale” (credo che anche Adam Smith avrebbe avuto da ridire!!!).

La soluzione a questa anomalia sarebbe semplice; mettere in atto un cambiamento culturale che dia più spazio alle diversità, di genere, anagrafiche ecc… . Modalità che facciano crescere le persone all’interno delle aziende, con particolare attenzione alle donne, perché altrimenti, a causa delle quote rosa, ci troveremo nei nodi nevralgici donne paracadutate esclusivamente per rispettare una percentuale. Servirebbero, inoltre,  “capi”che vedessero nei giovani collaboratori non dei pericolosi concorrenti ma risorse da valorizzare (basta con la sindrome di Cronos!!!) e che, di fronte alla necessità di promozioni, mettessero da parte il nepotismo e l’opportunismo e scegliessero secondo “scienza e coscienza”.

Possiamo essere ottimisti, c’è speranza che questo sistema cambi. Come tutte le persone che lavorano nelle imprese e per le imprese imponiamoci un forte e chiaro “si”.

I tempi sono maturi, la politica, seppur tra mille difficoltà e contraddizione ci sta inviando segnali evidenti e, sempre di più, tra la gente comune sale l’insofferenza verso chi, ormai ultra settantenne, ricco di privilegi e emolumenti, sta attaccato alla poltrona come un dattero di mare allo scoglio.