Accende i ricordi, incentiva lo shopping: il neuromarketing olfattivo.

Oggi voglio parlarvi di una strategia di vendita molto gettonata e in continua crescita, il neuromarketing olfattivo.

Negli ultimi anni aumentano le imprese che ambiscono a prenderci per il naso, sfruttando i principi del neuromarketing olfattivo. L’obiettivo qual è? Farci avere un’esperienza emozionale, definita anche shopping experience, che porta a una fidelizzazione più o meno cosciente, incoraggiandoci a passare più tempo in questi negozi e così favorire il processo di acquisto.

Il neuromarketing olfattivo non è frutto di una suggestione, né una novità: già nel 1990 uno studio condotto dal neurologo e psichiatra Alan Hirsch confermò la stretta relazione tra odori e propensione all’acquisto. Hirsch collocò in due stanze identiche coppie uguali di scarpe da ginnastica Nike. L’unica differenza? La profumazione. In una stanza aleggiavano sentori floreali, l’altra era completamente inodore. Ebbene, la ricerca rilevò che in un ambiente profumato, l’84% dei consumatori era più propenso ad acquistare le scarpe, valutandole ben 10,33 dollari in più rispetto all’identico paio non profumato (presente nell’altra stanza).

Nonostante questi risultati, per molti anni i rivenditori del settore moda non hanno prestato molta attenzione all’aspetto olfattivo delle loro strategie di marketing. La ricerca e lo sviluppo delle tecnologie cognitive stanno includendo tutti i 5 sensi, cercando di completare l’esperienza di acquisto in tutte le componenti emotive dirette e indirette. Le cose cambiano (un brand di spezie ha introdotto il digital signage olfattivo per illustrare meglio i suoi prodotti e ingaggiare la shopping experience) e oggi fioriscono società specializzate nella fornitura di sistemi legati al neuromarketing olfattivo: sensori che attivano lo spruzzo magico al passare del cliente, timer che garantisce la quint’essenza dell’aroma, diffusori rabboccati.

Legare un profumo a un ricordo è automatico ancor più di un’immagine, perché coinvolge la sfera del benessere senza circoscrivere o concretizzare una scelta di prodotto precisa. La spinta è un piacere quasi impercettibile che porta a replicare l’esperienza positiva (che in negozio si traduce in shopping quasi certo). Lo sanno bene i rivenditori di moda e, in generale, molti concept store. Un esempio lo si trova in realtà di nicchia fino a veri e propri colossi del marketing globale come ScentAir, che ha sviluppato profumazioni appositamente progettate per migliorare la user experience sulle giostre di Disney World, in Florida.

Bisogna però stare attenti a non esagerare, il marketing olfattivo può portare a conseguenze negative se gestito male. È successo ad Abercrombie&Fitch nel 2010: il profumo in alcuni punti vendita veniva spruzzato così frequentemente da risultare molesto ed attirare le critiche di molti clienti. Il motivo? L’assuefazione dei dipendenti, che abituandosi all’essenza si desensibilizzavano e, di conseguenza, aumentavano la quantità di fragranza diffusa in negozio in maniera eccessiva. Avete presente quando entrate in una profumeria alla ricerca di un profumo che vi piace? Dopo la terza- quarta essenza spruzzata inizia il mal di testa e non è molto piacevole (soprattutto per chi ci è accanto). Quindi ricordate: il profumo non deve essere forte ma al contrario, quasi impercettibile, e rendere piacevole il ricordo della sensazione provata quando si è entrati in quel negozio, facendo venire al cliente voglia di tornarci per sentirsi di nuovo così bene. ( fonte ).